martedì 8 giugno 2010

QUANDO TUTTE LE DONNE DEL MONDO … Successo di pubblico per l’avvio del seminario “Più donne per una politica che cambia”

Pochi mesi fa la giornalista Ritanna Armeni rispose in televisione ad una collega che le chiedeva a che punto fosse la conquista della parità da parte delle donne : “Non tutti gli uomini che occupano posti di potere sono delle cime, molti di loro sono mediocri, se non addirittura stupidi. Ecco avremo conquistato l’effettiva parità quando anche le donne “stupide” ricopriranno cariche di un certo rilievo!”. Una bella provocazione che la dice lunga su quanto, ancora oggi, il gentil sesso debba faticare il doppio, se non addirittura il triplo, per poter sfondare il mitico tetto di cristallo. Così, in assoluta controtendenza rispetto alla boutade della Armeni, giovedì scorso l’apertura del seminario di formazione politica dedicato alle donne e ai giovani, ha registrato un sorprendente afflusso di iscritte che hanno riempito la sala del Castello degli Acaia insieme a pochi “coraggiosi” uomini. Particolarmente apprezzata dagli organizzatori è stata la presenza di molte studentesse del quarto anno dell’Istituto Vallauri.
Temi centrali di questo primo round sono stati la Costituzione Italiana e l’analisi del sistema delle leggi e degli statuti degli enti locali riletti seconda un’ottica di genere.
Ad aprire le danze, il contributo filmato di un’intervista a Nadia Spano, classe 1916, che fu tra le prime donne ad entrare in parlamento dopo il 2 giugno del ’46 anche grazie alla conquista del suffragio universale femminile. Cesarina Manassero, avvocata ed esperta di Diritto Pubblico e Diritto Comparato, nonché docente dell’Università degli Studi di Torino, ha poi introdotto i temi della serata, ponendo l’accento suoi principali Articoli della nostra Costituzione che se in teoria invocano i diritti dei cittadini senza distinzione di sesso, nei fatti, poiché interpretati quasi esclusivamente da giuristi e politici maschi, non restituiscono alle donne il pieno godimento degli stessi.
Emblematico il riferimento al reato di adulterio femminile, poi scomparso dal Codice nel 1968, che veniva considerato più grave rispetto a quello maschile, poiché ritenuto maggiormente nocivo alla stabilità della famiglia e all’onorabilità del consorte.
Strettamente legato al funzionamento degli Enti locali, con particolare riferimento alla Regione Piemonte, è stato invece il secondo intervento a cura di Maria Rovero, ex Segretario Generale del Consiglio regionale ed ex Presidente della Commissione regionale Pari Opportunità. In riferimento alla prossima attuazione del federalismo fiscale, la relatrice a sottolineato l’importanza del Bilancio di genere in relazione al rischio che i prossimi tagli alla spesa sanitaria, penalizzino nuovamente le donne sia sulla riduzione dei programmi di prevenzione per salute femminile, sia sulla riduzione dei contributi economici e dei servizi territoriali per l’assistenza agli anziani, all’infanzia e ai diversamente abili.
Tra le battaglie vinte negli ultimi anni dalle donne in Regione, secondo criteri di trasversalità politica, la Rovero ha infine illustrato, insieme ad Elena Chinaglia, attuale componente della Cpo piemontese, le tre leggi approvate negli ultimi anni dal Consiglio Regionale inerenti rispettivamente il riconoscimento del Bilancio di genere, la creazione di un fondo di solidarietà per il patrocinio legale delle donne meno abbienti vittime di violenza e l’istituzione di centri segreti di accoglienza per offrire un’alternativa concreta a tutte coloro che, diversamente, non avrebbero l’opportunità di sottrarsi alle continue violenze ed abusi.
Nel 1985 la Norwood nella prima edizione del libro “Donne che amano troppo” scriveva “Le donne, per ragioni storiche, sono più portate a pensar male di sé; è stato insegnato loro che sono deboli, dipendenti per natura, paurose, fragili, bisognose di protezione e di guida”; e anche se questi insegnamenti sono superati, alcuni sono entrati a far parte dell’inconscio femminile, è per tanto necessario una presa di coscienza da parte di ogni singola donna del valore ha di per sé, a prescindere dalla taglia di reggiseno, dal volume delle labbra e dalla lunghezza della gonna che indossa.
Ergo: l’auspicabile aumento del contributo delle donne alla vita politica del Paese non ha come obiettivo il mero sapore di una frivola “vittoria di genere”, ma costituisce una risorsa irrinunciabile per potenziare i valori etici, politici e civili di una società che voglia dirsi veramente evoluta.